Contratti uso turistico: tutto ciò che c’è da sapere
I contratti a uso turistico riguardano i proprietari che decidono di mettere in affitto un appartamento o una casa per un periodo breve e motivi turistici. Non è, quindi, un contratto che può rapportarsi agli altri. E segue delle regole precise. Sicuramente sia chi ha intenzione di affittare, che chi cerca una casa per trascorrere le vacanze ha la necessità di essere informato. Per esempio sapere quanto può durare il contratto a uso turistico. In questo articolo cercheremo di rispondere alle domande principali sull’argomento. E spiegheremo, con chiarezza, come funziona, quali sono le leggi che lo regolano. Oltre a tutto ciò che devsono sapere il locatore e il conduttore.
Cosa si intende per contratti uso turistico?
Partiamo proprio dalle basi e cioè dalla definizione. Come abbiamo già iniziato a illustrare, i contratti uso turistico sono dei tipi di contratti che si rivolgono a chi cerca un appartamento o una casa per un periodo breve. Sia che si tratti di vileggiatura o per un viaggio. Ma anche per un soggiorno rilassante o per cure mediche. In pratica per ogni ragione che riguarda il “godimento temporaneo del bene”.
Si tratta di locazioni “pure” perchè regolano solo il godimento dell’immobile e non la fornitura di servizi supplementari che, in questo caso, sono vietati per legge.
La legge che regola i contratti uso turistico
Parlando di legge, questo tipo di contratto viene regolato dagli artt. 1571 e seguente del Codice Civile, dalla legge sugli immobili urbani, modificata dal Codice Turismo (Decreto legislativo n.79/2001) e dal Decreto legislativo 50/2017, convertito in legge n. 96/2017. Questo tratta il regime fiscale delle locazioni brevi e ha introdotto vari adempimenti a carico degli agenti immobiliari e degli affittuari. E riguarda, in particolare, i contratti di locazione a uso turistico di durata inferiore ai 30 giorni, che siano sottoscritti da privati.
Uso vacanze e uso turistico
Il contratto di locazione turistica regola gli affitti brevi per motivi turistici.
Ha come base proprio il fatto che l’immobile sia concesso solo per finalità transitorie e rivolto a chi cerca un appartamento o una villa per trascorrere le proprie vacanze. C’è da fare una distinzione: l’uso turistico puro dura per un periodo breve una tantum, cioè che non si ripete tutti gli anni nello stesso periodo. Ci sono persone, per esempio, che ripetono in diversi anni consecutivi lo stesso soggiorno. In questo caso si tratta di “uso vacanze” e non “uso turistico”.
I contratti uso turistico, la forma scritta e la registrazione
Abbiamo spiegato finora che si tratta di un genere di contratto transitorio. Ma ciò non significa affatto che non bisogna metterlo per iscritto. Anzi, il contratto, per essere valido e avere un valore legale a tutti gli effetti, va redatto in forma scritta.
Per quanto invece riguarda la registrazione dei contratti di locazione a uso turistico, specifichiamo subito che non è obbligatoria. E’ facoltativa nel caso si tratti di un contratto inferiore ai 30 giorni. Ma se l’affitto dura più di un mese, in questo caso la registrazione deve avvenire entro 30 giorni dal giorno della firma dell’affittuario e del conduttore.
Cosa ci deve essere indicato nel contratto scritto?
Per essere un contratto valido è indispensabile che si specifichi:
- Tipo di immobile dato in affitto così come è registrato al catasto.
- Canone di affitto e la modalità in cui viene corrisposto. Di solito, come per il contratto di locazione a uso abitativo, è indicato annualmente e poi suddiviso, spesso con pagamento anticipato.
- Lo scopo del contratto: se l’immobile è per uso turistico, uso vacanze o, eventualmente, uso weekend.
- Durata: cioè il periodo entro cui il conduttore può usufruire dell’immobile
- Gli arredi: se il locatore concede in affitto un appartamento ammobiliato, come spesso accade, nel contratto vanno indicati tutti i mobili inclusi. In genere si acclude un elenco a parte, in modo che il locatore possa controllare che, al momento della consegna delle chiavi da parte del conduttre, sia tutto in ordine e non ci sia nulla di danneggiato.
Altre indicazioni scritte nel contratto
- Cedolare secca. E’ la possibilità di godere di un regime fiscale agevolato alternativo all’IRPEF che prevede un’aliquota fissa agevolata al 21% che va applicato al reddito generato dalla locazione.
- Recesso: ovvero la possibilità per il conduttore di rinunciare al contratto prima della sua scadenza.
- Caparra: si tratta di una quota versata dal conduttore a garanzia della serietà dell’impegno da parte di entrambi. La caparra, anzi per meglio dire, la cauzione, non sarebbe obbligatoria. Però è abitudine comune di chi affitta casa, per tutelarsi da eventuali danni. Non ci sono indicazioni sull’entità della caparra, perciò viene decisa in fase di contrattazione. La caparra si dice penitenziale nel caso si perda in caso di recesso. Oppure confirmatoria e cioè si perde ugualmente in caso di recesso ma, in questo caso, il locatore ha la possibilità di chiedere il risarcimeto dei danni.
- Altre richieste: come nel caso del divieto di portare animali domestici nell’appartamento, oppure il divieto di fumare, oppure di ospitare altre persone. O ancora di organizzare feste che durino oltre una certa ora. Si tratta di richieste da parte del conduttore che possono venire inserite nel contratto.
La tassa di soggiorno
Negli affitti che abbiano durata inferiore a 30 giorni, la legge n.96/2017 stabilisce che vada applicata la tassa di soggiorno anche da parte dei privati che intendono affittare un appartamento o una casa. Ogni comune ha poi la facoltà di istituire oppure rimodulare la tassa di soggiorno, che può raggiungere un massimo di 5 euro per notte. Quindi ogni locatore, e non solo chi ha un b&b oppure affitta tramite portali quali Airbnb deve richiedere la tassa di soggiorno. Per questo motivo è il caso di informarsi presso il comune in cui si trova l’immobile, per avere le corrette indicazioni.
Come abbiamo specificato, gli importi sono differenti a seconda del comune in cui si trova. Il periodo di tassazione, generalmente, non supera i 7 giorni. Quindi non si deve pagare per tutto il soggiorno ma solo per la prima settimana.
La tassa di soggiorno viene riscossa dal locatore e si richiede al momento dell’arrivo. Nella ricevuta va indicato l’importo, il periodo di soggiorno e le persone che ne usufruiscono. Esistono dei comuni che hanno previsto modelli prestampati, ma, in caso non ci siano, basta usare un semplice blocchetto delle ricevute.